Contratto di convivenza

La Legge 20 maggio 2016 n. 76 (legge Cirinnà) denominata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” è finalizzata ad introdurre nel nostro ordinamento la c.d. unione civile, quale nuova formazione sociale costituibile unicamente tra persone dello stesso sesso (commi da 1 a 35), e, ad attribuire un differente inquadramento normativo alla materia della convivenza di fatto, rappresentata dalla libera scelta di due persone fisiche (tanto dello stesso sesso quanto di sesso diverso) di basare il proprio legame soltanto sul legame affettivo e sulla reciproca assistenza morale e materiale senza vincolarsi mediante matrimonio o la citata unione civile. L’istituto così come è stato rappresenta uno strumento giuridico fondamentale per regolare i rapporti tra conviventi di fatto, garantendo stabilità e certezza giuridica alla loro unione, oltre a conferire diritti e doveri reciproci secondo la legge.

Il contratto di convivenza può svolgere un ruolo cruciale per i conviventi stranieri che desiderano richiedere la cittadinanza italiana per residenza, ma non raggiungono autonomamente il reddito minimo stabilito dalla legge, come spiegato qui.

 

Lo “status” di convivente di fatto

In primo luogo – come stabilisce l’art. 1 comma 36 – per «conviventi di fatto» si intendono due persone fisiche (anche dello stesso sesso) che siano:

  • maggiore di età (l’assenza di un riferimento normativo alla disciplina del matrimonio suggerisce che non sia possibile riconoscere lo status di convivente a un minore, diversamente da quanto è previsto per un minore ultra-sedicenne che abbia ottenuto l’autorizzazione a contrarre matrimonio, previa verifica da parte del giudice della sua maturità psico-fisica e delle motivazioni presentate);
  • legate stabilmente da un vincolo affettivo di coppia e da mutua assistenza morale e materiale;
  • non legate da rapporti di parentela (fino al sesto grado, ex art. 77 cod. civ.), affinità (poiché – ex art. 78 cod. civ. – il rapporto di affinità non cessa con la morte, anche in assenza di prole, del coniuge da cui deriva, non potrà mai esserci convivenza tra un soggetto e l’ex coniuge divorziato del parente del primo) o adozione, matrimonio o unione civile.

 

L’accertamento della stabile convivenza

Il comma successivo della legge (comma 37) prosegue chiarendo che, per il riconoscimento dello status di conviventi, oltre alla presenza dei requisiti sopra citati al comma 36, è necessario – e naturalmente – il requisito della cosiddetta stabile convivenza, il cui accertamento deve avvenire mediante la dichiarazione anagrafica prevista dall’articolo 4 e dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223. Di conseguenza, è quasi superfluo sottolineare che la dichiarazione di costituzione di una nuova convivenza debba avvenire dopo una preesistente coabitazione e dopo l’iscrizione dei conviventi nello stesso stato di famiglia; altrimenti, infatti, non sarà possibile effettuare la dichiarazione di nuova convivenza. Se necessario, quindi, sarà opportuno procedere preliminarmente al cambio di abitazione o all’iscrizione anagrafica o all’unione delle famiglie anagrafiche se già conviventi ma non appartenenti allo stesso stato di famiglia. Considerato, quindi, che la dichiarazione anagrafica di costituzione di una nuova convivenza rappresenta il presupposto logico e giuridico per la formalizzazione del contratto di convivenza, e dato che per rendere tale dichiarazione – come detto – è necessario che i conviventi abbiano precedentemente richiesto l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente nel Comune in cui intendono costituire la nuova convivenza, è importante ricordare che per i cittadini extra UE la sottoscrizione di un contratto di convivenza presuppone necessariamente il possesso di un documento di soggiorno in corso di validità.

 

I diritti attribuiti ai conviventi di fatto

Individuati i soggetti che possono acquisire lo status o, più precisamente, la qualifica di conviventi, essi possono godere dei seguenti diritti (art. 1 commi 38-49): a) i diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario; b) il diritto reciproco di visita e assistenza in caso di malattia o ricovero, nonché il diritto di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o assistenziali pubbliche, private o convenzionate, previsti per ciascun coniuge e per i familiari; c) il diritto di designare l’altro convivente come proprio rappresentante con poteri pieni o limitati attraverso un atto in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone, nei casi di: • Malattia che comporti incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; • Morte, riguardo alla donazione di organi, al trattamento del corpo e alle celebrazioni funerarie; d) in caso di morte del convivente proprietario dell’abitazione comune e salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies del codice civile in tema di assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza, il diritto del convivente superstite di continuare ad abitare nella stessa casa per un periodo di due anni o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni, oppure per un minimo di tre anni qualora nella stessa abitazione coabitino figli minori o disabili del convivente superstite (si tratta di un vero e proprio legato ex lege a favore del convivente superstite). Tale diritto viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa comune o in caso di matrimonio, unione civile o nuova convivenza di fatto; e) in caso di morte del conduttore (che sia uno dei conviventi) o di suo recesso dal contratto di locazione dell’abitazione comune, il diritto di succedergli nel contratto di locazione (altra ipotesi di legato ex lege in caso di morte o di cessione ex lege del contratto, se in vita), precisandosi che anche il convivente che abbia sostenuto spese per il recupero del patrimonio edilizio può usufruire della detrazione fiscale alla stregua dei familiari conviventi – cfr. Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 64/E del 28 luglio 2016, che specifica come, in virtù dell’approvazione della legge sulle Unioni Civili n. 76 del 2016, ai fini della detrazione del TUIR, la disponibilità dell’immobile da parte del convivente sia implicita nella convivenza senza necessità di un contratto di comodato); f) nel caso in cui l’appartenenza a un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, il diritto di godere, a parità di condizioni, di tale titolo o causa di preferenza; g) il diritto del convivente a essere nominato dal giudice tutore, curatore o amministratore di sostegno in caso di malattia dell’altro convivente, salvo che quest’ultimo designi un’altra persona secondo le modalità previste dal codice civile; h) il diritto, in favore del convivente, di ottenere il risarcimento del danno da fatto illecito che abbia causato la morte del convivente.

 

Gli obblighi del convivente

Alla luce del quadro normativo delineato, il legislatore, da un lato, attribuisce ai conviventi i diritti sopra menzionati, dall’altro, impone a ciascuno di essi di contribuire (pur nella maniera che si conviene con l’altro convivente, ma comunque tenendo conto delle capacità di lavoro professionale e domestico) ai bisogni comuni (art. 1 comma 39).

 

Il contratto di convivenza

Al fine di disciplinare meglio il proprio rapporto, i conviventi possono stipulare un contratto di convivenza. Il contratto di convivenza è un accordo redatto in forma scritta (a pena di nullità) e con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Il comma 51 specifica che il contratto può contenere le seguenti disposizioni:

  • l’indicazione della residenza;
  • le modalità di contribuzione alle necessità della vita comune, in relazione alle capacità di reddito e al lavoro domestico o di cura di ciascuno;
  • la facoltà di ciascuno dei conviventi di designare l’altro come proprio rappresentante con pieni poteri o poteri limitati in caso di malattia che comporti incapacità di intendere e di volere per le decisioni in materia di salute e, in caso di morte, riguardo alla donazione di organi, al trattamento del corpo e alle celebrazioni funerarie. Nel caso in cui uno dei conviventi sia proprietario di un’abitazione acquistata durante la convivenza, il contratto di convivenza può prevedere che, in caso di scioglimento della convivenza, l’altro convivente abbia il diritto di acquistare l’immobile al prezzo di mercato. Il contratto di convivenza non può, invece, contenere disposizioni relative ai diritti di successione, che sono disciplinati dal codice civile.

Nel caso in cui uno dei conviventi sia proprietario di un’abitazione acquistata durante la convivenza, il contratto di convivenza può prevedere che, in caso di scioglimento della convivenza, l’altro convivente abbia il diritto di acquistare l’immobile al prezzo di mercato.

Il contratto di convivenza non può, invece, contenere disposizioni relative ai diritti di successione, che sono disciplinati dal codice civile.

 

La validità del contratto

Per quanto concerne i requisiti di validità del contratto di convivenza, il comma 52 stabilisce che esso non può essere stipulato da:

  • minorenni;
  • interdetti per infermità mentale;
  • persone sposate o unite civilmente;
  • persone legate tra loro da rapporti di parentela, affinità o adozione;
  • persone condannate per omicidio consumato o tentato nei confronti del coniuge dell’altra persona.

 

Il contratto sarà nullo in uno dei seguenti casi:

  •  in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza;
  • in caso di interdizione per infermità mentale;
  • in caso di condanna per omicidio consumato o tentato ai danni del coniuge dell’altro convivente.

Per quanto riguarda l’opponibilità ai terzi del contratto di convivenza, il comma 54 stabilisce che il contratto di convivenza debba essere trasmesso in copia, entro dieci giorni dalla sua stipula, al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe, a pena di inopponibilità ai terzi.

Il comma 54 prevede che i conviventi possano, attraverso il contratto di convivenza, modificare come contribuiscono alle esigenze della vita in comune e, se necessario, stabilire come ognuno partecipa alle spese legate alla convivenza. Inoltre, possono concedere all’altro convivente la facoltà di rappresentanza, con pieni o limitati poteri, in caso di malattia che comporti incapacità di intendere e di volere, e in caso di decesso, per quanto riguarda la donazione degli organi, il trattamento del corpo e le celebrazioni funebri.

Inoltre, il contratto di convivenza, come stabilito dal comma 55, può stabilire che, in caso di scioglimento della convivenza, uno dei conviventi abbia il diritto di acquistare l’immobile di proprietà dell’altro convivente al prezzo di mercato.

Gli effetti del contratto di convivenza possono essere sospesi mediante accordo tra le parti o su iniziativa di una delle parti, che deve comunicarlo all’altra parte e successivamente inviare la comunicazione al comune di residenza per l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.

Il contratto di convivenza si risolve per accordo tra le parti, per recesso di una delle parti, per matrimonio o unione civile tra i conviventi o con terzi, o per decesso di una delle parti. La risoluzione deve essere comunicata all’anagrafe per l’aggiornamento della cessazione della convivenza.

Per quanto riguarda il regime patrimoniale, i conviventi non decidono diversamente nel contratto di convivenza, il regime patrimoniale applicabile alla loro unione è quello della comunione dei beni, a meno che non sia dimostrato il contrario.

Contratto di convivenza e cittadinanza italiana

Tale tipologia di contratto gioca un ruolo particolarmente importante nelle domande di cittadinanza italiana. Difatti, se il reddito del richiedente è inferiore alla soglia prevista, potrà essere integrato dal reddito del convivente soltanto se tra le parti sia stato formalmente sottoscritto un contratto di convivenza. Una volta redatto e opportunamente notificato al Comune di residenza, anche i redditi dei familiari presenti nello stato di famiglia potranno contribuire al raggiungimento della soglia minima richiesta per l’ottenimento della cittadinanza italiana. In mancanza di suddetto contratto, i redditi del convivente non potranno essere considerati nemmeno in presenza di figli comuni.

 

Il ruolo dell’avvocato

In alternativa al notaio, i conviventi possono scegliere di rivolgersi a un avvocato per la formalizzazione degli accordi. Gli aspetti patrimoniali della convivenza possono essere regolati per iscritto, sia attraverso un atto pubblico che tramite una scrittura privata con firma autenticata, firmata da un notaio o da un avvocato. L’avvocato, il cui potere di autentica era tradizionalmente limitato alle firme sui mandati, ha recentemente visto estendere questo potere anche nell’ambito delle procedure di negoziazione assistita e nel contesto specifico del processo telematico.
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