SULLE MODALITÀ DI CONCLUSIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE
Sintesi
Stante il crescente boom delle locazioni con finalità turistica di durata inferiore ai 31 giorni, pertanto non soggette all’obbligo di registrazione, è sempre più diffusa tra i contraenti la tendenza a non regolamentare il contratto di locazione mediante la forma scritta.
Indice dei contenuti
Nonostante la discussione ancora aperta sul requisito della forma scritta per i contratti di locazione con finalità turistica è interessante la pronuncia del Tribunale di Massa che, in un’ottica interpretativa che tenga conto della rapida evoluzione tecnologica, ha ritenuto efficace, in assenza di altri elementi più idonei, la comunicazione via email attraverso la quale il conduttore ha la conferma dell’accettazione dell’offerta al pubblico da parte del locatore per provare la formalizzazione di un accordo tra le parti e i dettagli degli accordi presi.
Sulla c.d. “finalità turistica”
È importante distinguere tra “turismo” e “villeggiatura”, spesso considerati sinonimi. Mentre il “turista” può essere definito come colui che viaggia per divertimento o motivi culturali senza fini di lucro, il “villeggiante” è chi si concede un periodo di svago o riposo in un luogo diverso dalla propria abitazione usuale. La villeggiatura si inserisce quindi nella categoria più ampia del turismo. La specifica esclusione della locazione turistica dalla legge 431/98 e il suo completo rinvio alla disciplina del codice civile (artt. 1571 e seguenti) si basa sul riconoscimento dell’autonomia contrattuale e delle specifiche esigenze delle parti, indipendentemente dalla vocazione turistica dell’alloggio. La legge considera non essenziale la protezione specifica del conduttore in quest’ambito, essendo quest’ultimo non una necessità abitativa primaria. Con l’introduzione del Codice del Turismo (d.lgs. 79/2011), si è chiarito che la “finalità turistica” si riferisce unicamente all’intenzione di sfruttare l’alloggio per bisogni turistici, a prescindere dalle caratteristiche specifiche del luogo. Questo ha permesso di superare ambiguità iniziali riguardo all’applicazione delle norme sull’alloggio turistico, escludendo l’applicabilità della legge 431/98 soltanto agli alloggi situati in località turistiche e accogliendo un’interpretazione più ampia della finalità turistica, che include, ad esempio, turismo religioso, culturale o come seconda casa per weekend, purché non collegati a scopi di lucro [1].
Sulla forma del contratto di locazione ad uso abitativo
Il ragionamento alla base della sentenza in esame prova a fare chiarezza su quella che è, purtroppo, una tendenza molto diffusa all’interno del settore delle cd. locazioni turistiche ossia la mancata stipula di un accordo scritto, ritenendo di per sé sufficiente quanto rilasciato dagli intermediari intervenuti nella stipula, siano essi le classiche agenzia immobiliari o le più famose online travel agency quali Airbnb o Booking.
Una bagnante (conduttrice) si era vista “cancellare” dal proprietario/locatore la prenotazione della durata di due settimane di un immobile in una nota località balneare effettuata online, pertanto, avviava un procedimento presso il Tribunale di Massa per richiedere il risarcimento del danno subìto, nello specifico del “danno da vacanza rovinata”, in seguito all’inadempimento contrattuale da parte del locatore.
Quest’ultimo si costituiva in giudizio contestando le richieste di controparte, chiedendo a sua volta l’accertamento dell’inadempimento contrattuale da parte della conduttrice, rea di non aver effettuato il pagamento concordato della prenotazione nei termini stabiliti.
Secondo il Giudice toscano l’accordo stabilito fra le parti si configurava quale locazione con finalità turistica, regolato dall’art. 53 del d.lgs. n. 79/2011 (Codice del Turismo) e modifiche successive e dall’art. 1 della l. n. 431/1998 – che stabiliscono che gli alloggi affittati esclusivamente a scopo turistico sono disciplinati dalle norme del codice civile relative alla locazione – congiuntamente al D.L. 50/2017 che disciplina principalmente gli aspetti fiscali della materia.
L’annoso dibattito giurisprudenziale sulle conseguenze del contratto di locazione ad uso abitativo privo della forma scritta, derivante dall’ambigua formulazione dell’art. 1 c. 4 della legge sulle locazioni ad uso abitativo, è stato superato dalla sentenza delle Sez. Unite della Corte di Cassazione n. 18214/2015 secondo cui l’accordo locatizio orale è da considerarsi affetto da nullità assoluta, rilevabile sia su istanza di parte che dal giudice, con l’eccezione del caso in cui la forma orale sia stata imposta, in sede di accordo, dal locatore parte forte del contratto.
In questo caso la mancanza del requisito formale comporta una nullità relativa di protezione, che può essere fatta valere soltanto da parte conduttrice, cui, ex art .13 l. 431/98, era data l’opzione di far adeguare il contratto alle norme stabilite dagli accordi di categoria o di richiedere la restituzione degli importi pagati in eccesso rispetto alle somme dovute secondo tali accordi. Successivamente alla novella della materia introdotta con la legge del 28 dicembre 2015 n. 208, l’articolo in questione non fa più alcun riferimento ai rapporti di locazione conclusi oralmente e la proponibilità dell’azione di riconduzione è ammessa soltanto nel caso in cui il conduttore abbia versato al locatore un canone di locazione maggiore di quello massimo previsto dagli accordi territoriali ovvero quando il locatore non abbia provveduto a registrare il contratto nel termine di trenta giorni.
Nonostante la citata pronuncia delle Sezioni Unite e la mancata esclusione da parte del legislatore dell’applicazione dell’art. 1 c. 4 della l. 431/98 alle “locazioni turistiche, autorevole orientamento della dottrina propende per la non applicabilità della normativa sulle locazioni ad uso abitativo alle locazioni con finalità turistica, per le quali sarebbe invece da fare riferimento alla disciplina codicistica con la conseguenza, pertanto, che la forma scritta non risulterebbe un requisito previsto a pena di nullità.
Sul punto si richiama la recente pronuncia del Tribunale Roma sez. VI, 20/07/2023, n. 11630 che, nel giudizio promosso dal locatore per il rilascio dell’immobile, ha dichiarato la nullità, per vizio di forma, dei contratti di locazione breve conclusi tra le parti, in quanto non rispettavano il requisito della forma scritta prescritto dall’art. 1, comma 4, della Legge n. 431/1998, accertando l’occupazione abusiva da parte del conduttore e condannando quest’ultimo al rilascio dell’immobile e al pagamento di un’indennità di occupazione abusiva dal maggio 2020 al dicembre 2022, quantificata in € 73.750,00 oltre interessi legali.
Sull’interpretazione dinamica volta ad individuare il requisito della forma scritta
Nel caso in analisi il giudice, in attuazione di una più che doverosa interpretazione del requisito formale richiesto dalla giurisprudenza, pur in assenza di altra prova della formalizzazione dell’accordo raggiunto, ha considerato un’email inviata dal convenuto nel luglio 2020, come idonea a soddisfare il presupposto della forma scritta, in base a un’interpretazione delle norme che tenga conto dell’evoluzione tecnologica e delle abitudini contrattuali recenti (Cass. Sez. un. 892/1995, Cass. 22223/2006 e Cass. 13916/2007).
Difatti, la Suprema Corte, nell’interpretare la conclusione di contratti di compravendita perfezionatisi mediante fax, ha stabilito che la stipula si perfeziona nel momento in cui il destinatario riceve la dichiarazione di accettazione dell’offerta di vendita proposta da parte venditrice (Cassazione civile, sezioni unite, del 25 gennaio 1995, n. 892). Nel caso in esame, l’email inviata dal locatore al conduttore, comporta la conoscenza dell’adesione di parte conduttrice all’offerta al pubblico, ex art 1326 e 1336 codice civile, effettuata dal proprietario per tramite dell’agenzia immobiliare cui aveva conferito mandato per la pubblicizzazione del proprio immobile finalizzata alla conclusione di contratti di locazione.
Trattandosi di documento informatico privo di firma digitale, firma elettronica qualificata o avanzata, la posta elettronica ordinaria non ha l’efficacia della scrittura privata prevista dall’art. 2702 c.c. quanto alla riferibilità al suo autore apparente. Il valore probatorio dell’email ordinaria e la sua idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta sono rimessi alla discrezionalità del giudice. (Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5523, 8 marzo 2018)
Dunque, secondo il giudice massese, per determinare l’adempimento delle obbligazioni e la liceità del comportamento delle parti l’unico elemento idoneo a ricostruire gli accordi negoziali pattuiti è la corrispondenza elettronica, dalla quale non risulta alcun termine né alcuna modalità specifica di adempimento dell’obbligazione a carico di parte conduttrice, che non può rinvenirsi neppure nel materiale probatorio fornito dal locatore, costituito da messaggi WhatsApp, dal quale si rinviene, al contrario, la sua abitudine di consentire il pagamento a discrezione del conduttore, senza condizioni predefinite. In mancanza di accordi differenti, l’organo giudicante considera lecita, tempestiva e corrispondente a buona fede e diligenza l’eventuale adempimento dell’obbligazione da parte del conduttore, mediante consegna di una somma di denaro in contanti o l’effettuazione di un bonifico istantaneo al momento del check in.
Di conseguenza il Tribunale ritiene che la decisione del locatore di recedere unilateralmente dall’accordo, in assenza di prova dell’impossibilità di comunicazione con il conduttore, è fonte di responsabilità per l’inadempimento contrattuale.
Le conseguenze in caso di contratto non stipulato in forma scritta
Sul piano pratico, un’interpretazione come quella del Tribunale di Massa ha conseguenze particolarmente rilevanti per la parte locatrice. Difatti, nel caso di mancato rilascio dell’immobile alla scadenza pattuita, in presenza di locazione di fatto, il locatore non potrà avviare un procedimento di sfratto per finita locazione e dovrà necessariamente tutelare il proprio diritto mediante un procedimento, senz’altro più lungo rispetto allo sfratto, per occupazione senza titolo.
L’espressione “occupazione senza titolo” si riferisce a situazioni in cui l’occupante detiene l’immobile senza alcun diritto legittimo che si verifica, ad esempio, perché la persona non è il proprietario, né è mai stato conduttore con un valido contratto di locazione o di comodato terminato per scadenza o per altre ragioni.
In tali casi occorrerà ricorrere giudizialmente dopo aver preventivamente effettuato il tentativo di mediazione chiedendo la condanna dell’occupante al rilascio dell’immobile con conseguente richiesta di indennità per occupazione abusiva dell’immobile e la perdita di guadagno subìta dal locatore con onere probatorio aggravato a carico del ricorrente ossia la prova del titolo originario del diritto di proprietà.
Contattaci
Richiedi una consulenza al nostro studio compilando il seguente modulo
[1] Piombo, Alcuni spunti a proposito delle locazioni abitative escluse dalla tutela della legge n. 431/98, in Rass. loc. cond., 1999, pg. 488.
Sorry, the comment form is closed at this time.